Operatori sociali mai più passivi. Forze politiche sociali mai più indifferenti

Appello da sottoscrivere

Ancona -

Ospitiamo volentieri questo appello da parte degli operatori/trici dei servizi socio-educativi e sanitari.

 

Operatori/ operatrici, singoli cittadini, movimenti politico, partiti, associazioni, se volete realmente che i servizi sociali, educative e socio-sanitari tornino a essere servizi pubblici, se volete che il lavoro sociale e socio sanitario non sia più mercificato, prendete una posizione pubblica e firmate il nostro appello.

Educatori, infermieri, Operatori socio-sanitari, fisioterapisti. Soprattutto donne. Sempre più formati e giovani. Lavorano a domicilio, nelle scuole, in RSA, Case di Cura, Centri per anziani, Centri socio-riabilitativi ecc.. Si prendono cura delle persone che sono ai margini, quelle che non hanno nessuno oppure qualcuno avrebbero anche ma è sovente privo del tempo o dei soldi sufficienti per farlo in prima persona. Tutti questi lavoratori sono sotto attacco e non da ora, fantasmi invisibili a politica e sindacati (con rare eccezioni) forse perché non ritenuti lavoratori veri ma spesso ostaggi dell’ipocrita aspettativa che tutti hanno verso di loro: missionari inclini al sacrificio per scelta. Tanti troppi hanno giocato su questo fraintendimento, purtroppo a volte gli stessi lavoratori ci sono cascati. Ed ecco diritti violati, salari bassi, forme di sfruttamento più o meno subdole.
Ma da qualche mese nella nostra regione tutto questo sistema ha raggiunto la fase più acuta della sua malattia a causa di 2 vertenze delicate quanto esemplari dello stato delle cose: la crisi della COOSS Marche e il travagliato rinnovo del CCNL della Sanità Privata.
La COOSS Marche a giugno ha annunciato ai suoi 3.000 lavoratori lo stato di crisi causa Covid e con delibera dei soci ha annunciato fino al 31 dicembre 2021 la riduzione degli stipendi , azzeramento della tredicesima, taglio di giorni di ferie e permessi. E’ seguito lo stato di agitazione di tutti i sindacati con la sostanziale opposizione solo dell’USB ad ogni forma di peggioramento del dettame contrattuale. La lunga trattativa (che ha visto partecipe anche la precedente e l’attuale giunta regionale) ha partorito l’accordo del 9 novembre che ha “migliorato” la delibera perché ha ripristinato la tredicesima ma ha lasciato il taglio di ferie e permessi mentre la diminuzione del salario è stata modificata nella forma ma confermata nella sostanza attraverso il rinvio degli aumenti contrattuali al luglio 2022, una perdita che l’USB calcola intorno ai 1700 euro in media per ogni lavoratore. La cosa grave è che questo accordo è stato firmato da CGIL, CISL e UIL Turismo, Commercio e Servizi: solo l’USB e la UIL Funzione Pubblica (che avuto la decenza di sfilarsi) si stanno opponendo a qualsiasi accordo non rispetti il CCNL. Per questi sindacati le condizioni peggiorative devono sparire anche perché mancano garanzie sulla effettiva efficacia degli interventi e sul fatto che un domani possano aggiungersi altri sacrifici; la COOSS al momento non risulta avere avviato la procedura preposta alla discussione dello stato di crisi e manca di conseguenza un piano di ristrutturazione che calibri gli interventi. Si sta cadendo nel solito vizio insomma: l’imperizia di chi gestisce scarica i suoi effetti nefasti sui lavoratori. CGIL, CISL e UIL TUCS sono corse ai ripari chiedendo ai lavoratori di esprimersi con una votazione on line che presenta però parametri di affidabilità molto discutibili non fosse altro perché gestita dalle parti che hanno firmato l’accordo: CGIL e COOSS. Infatti hanno votato 600 dipendenti su 3000 con una maggioranza favorevole all’accordo (guarda un po’…) del 95 %.
Infine, la superficialità con cui non si approfondiscono cause e soluzioni per lo stato di crisi avrà un’altra naturale conseguenza ossia invogliare altre cooperative ad emulare la COOSS e annunciando a loro volta lo stato di crisi aspettandosi lo stesso accordo basato sul taglio dei salari. Non è un’ipotesi, sta già avvenendo.
Passiamo alla Sanità Privata con le sue migliaia di operatori. Il contratto nazionale non viene rinnovato dal 2006: Infermieri, oss, educatori, fisioterapisti prendono lo stesso stipendio da 14 anni. Non solo, alcune
rinomate aziende lo hanno peggiorato nel 2013 nonostante sia sotto gli occhi di tutti il forte ampliamento strutturale e del giro di affari che alcune di loro hanno avuto. Profitti figli anche del palese arretramento della sanità regionale che col governo Ceriscioli ha aumentato (dal 3% al 9% ) il trasferimento di risorse dal pubblico al privato. Basti far riferimento a corazzate del settore come la Kos Care (6.400 dipendenti in 11 regioni italiane con diramazioni anche all’estero), da noi Santo Stefano per intenderci, palcoscenico della prima uscita della campagna elettorale di Mangialardi, candidato del partito artefice da lungo tempo di questa operazione di privatizzazione. Ebbene il precontratto con l’agognato aumento dello stipendio (e non solo: scatti di livello, ulteriori permessi) è stato firmato a Giugno ma stiamo assistendo a mesi di tira e molla dovuti essenzialmente alla ennesima distorsione perpetrata: nell’accordo la giunta regionale uscente si impegna a coprire il 50% degli aumenti contrattuali. Questo il nodo: la sanità pubblica arretra o è inefficiente e quindi delega al privato, solo che i lavoratori del privato hanno un contratto peggiore. Ergo, la sanità privata si tiene i profitti (tanti) anche grazie al peggioramento dei diritti ma divide col pubblico (le nostre tasse) i costi del lavoro. Ancora oggi le aziende (con rare virtuose eccezioni) non stanno applicando il rinnovo e relativi aumenti perché non hanno ricevuto ancora garanzia del pagamento da parte della regione che nel frattempo, come sappiamo, è passata in mano al centro-destra che, forse, deve ancora fare i conti con le dinamiche dei rapporti che la precedente maggioranza aveva intessuto con i vari centri di potere che imperversano nel territorio regionale.
Con ogni evidenza le due vertenze sono politicamente legate tra loro: Sanità Privata e Lega COOP sono unite in modo simbiotico alla maggioranza che governava da tempo la regione ma, ad aggravare la situazione, c’è la posizione accondiscendente del terzo complice ossia i sindacati confederali (con uno smarcamento ripetiamo della UIL FPL) che ratificano le decisioni prese seppur lesive della dignità del lavoro. Ma la reazione può esserci e non può che essere politica ma anche e soprattutto culturale. Obiettivi politici primari sono, ad esempio, una legge sulla rappresentanza sindacale che impedisca una volta per tutte alle aziende di sancire accordi col primo sindacato compiacente a prescindere appunto dalla sua rappresentatività. Ma la politica deve farsi carico di un cambiamento paradigmatico se vuole davvero migliorare l’esistente ossia puntare alla reinternalizzazione dei servizi socio-sanitari: lo Stato deve riappropriarsi della gestione della cura del benessere dei cittadini perché parliamo di un bene-diritto universale su cui non può essere permesso che si lucri attraverso l’abbassamento dei diritti e dei salari. Nel sistema del welfare e dei servizi sanitari la simbiosi tra lavoratore e utente/cittadino è totale: accanirsi sui diritti dei lavoratori finisce con l’abbassare il livello della qualità del servizio. I primi a soffrirne sono gli utenti e le loro famiglie e, se non bastasse lo scempio etico derivante, non sottovaluteremmo l’impatto economico che questa incuria ha sul Servizio Sanitario poiché chi non è adeguatamente assistito è più fragile anche dal punto di vista sanitario: va da se che la spesa per il welfare sarebbe un investimento. La gestione pubblica garantirebbe il mantenimento di standard più elevati attraverso vari possibili interventi modulabili: dalla fine degli appalti al ribasso al CCNL unico equiparato a quello del servizio pubblico. La formulazione di un piano in tal senso va studiata e calibrata ma è fondamentale che la politica abbia come referenti i protagonisti di questo universo.
Ecco che l’aspetto socio-culturale diventa quindi fondamentale: bisognerebbe far partire una campagna coordinata che ponga al centro l’emancipazione di lavoratori e utenti, coinvolgerli in un’azione di informazione e pressione verso il sistema. Non sarà semplice perché bisogna lottare contro l’assuefazione alla sconfitta o alla marginalità delle azioni collettive che ci ha pervaso negli ultimi 30 anni. Soprattutto in un settore dove i lavoratori stessi purtroppo sono, in grande maggioranza, costretti al gioco e alle pressioni più o meno tacite di questo sistema trilaterale che li ha convinti che non c’è via d’uscita a questa situazione. Tant’è che i pochi che si sono opposti, prevedendo questa deriva, sono stati emarginati, anche
violentemente. Fare una campagna informativa che ha delle soluzioni realizzabili e condivise con gli utenti è l’unico modo per coinvolgerli. Tutto ciò non può che essere organizzato dai lavoratori più consapevoli, partiti, movimenti, associazioni di utenti e familiari, sindacati liberi dalla morsa trilaterale suddetta.
Chi c’è, batta un colpo e prenda posizione pubblicamente rispondendo a questo appello.


Operatori Sociali Marche per Dignità e Diritti
opsocialinonpassivi@libero.it